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Archive for dicembre 2011

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Partigiano, giornalista, scrittore, uomo sempre libero. Questo era Giorgio Bocca morto nel giorno di Natale a Milano.

I funerali si svolgeranno martedì 27 dicembre a Milano, nella chiesa di San Vittore al Corpo, in via San Vittore, alle ore 11,00.

“E’ morto – commenta Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Anpi – un grande italiano, un patriota, un partigiano che non dimenticheremo mai. Per tanto tempo ci ha accompagnato commentando, da par suo, le vicende che il Paese stava vivendo, con passione, talvolta con indignazione, sempre con fermezza. Partigiano in Piemonte, ha combattuto con Giustizia e Libertà”.

“Quando due anni fa – ricorda Smuraglia – abbiamo raccolto la sua voce in una intervista da trasmettere nel corso di un convegno dedicato proprio al contributo degli azionisti all’antifascismo e alla Guerra di Liberazione, Bocca tenne a sottolineare l’unitarietà d’intenti anche fra forze di ispirazione diversa nella Resistenza; e ricordò le sue esperienze di guerra partigiana con inalterata passione e con un profondo sentimento unitario. Grande giornalista, scrittore illustre, e polemista di razza, con lui scompare una voce importante della parte migliore del Paese”.

“Lo ricorderemo degnamente e con la dovuta ampiezza nella sede nazionale dell’Anpi, associazione alla quale, negli ultimi anni, Giorgio Bocca non ha fatto mancare il suo sostegno anche pubblicamente. Oggi – conclude Smuraglia – lo piangiamo con sincero dolore e ci stringiamo con affetto ai suoi familiari. L’ANPI di Milano partecipa al profondo dolore per la scomparsa del comandante partigiano Giorgio Bocca”. 
L’ANPI Provinciale di Milano si unisce al profondo dolore dei familiari, degli antifascisti, del giornalismo italiano e di tutto il mondo della cultura per la scomparsa di Giorgio Bocca, partigiano, giornalista, scrittore”, inizia così il ricordo di Giorgio Bocca da parte dell presidente dell’Anpi milanese, Roberto Cenati.

Nativo di Cuneo e cresciuto in una famiglia della borghesia piemontese, nel 1943 Bocca decide di aderire, nella clandestinità, al Partito d’azione. A questa scelta lo induce l’esempio dell’amico Benedetto Dalmastro assai vicino a Tancredi Duccio Galimberti.

L’8 settembre, alla firma dell’armistizio, raggiunge con Dalmastro e un gruppo di compagni, dopo aver raccolto le armi abbandonate nelle caserme di Cuneo, la frazione Frise di Monterosso Grana. Nasce così il primo nucleo della locale banda partigiana di “Italia Libera”. Comandante di banda della formazione in Valle Maira, nella primavera del 1944 Bocca é inviato a stabilire le basi della Brigata Giustizia e Libertà “Rolando Besana” in Valle Varaita e ne diviene il comandante. Il 5 maggio 1944, con Benedetto Dalmastro, Luigi Ventre e Costanzo Picco partecipa a un incontro tra partigiani italiani e francesi organizzato il 12 maggio 1944 a Colle Sautron. All’incontro faranno seguito le intese politico-militari tra i due movimenti, stipulate  il 22 maggio e il 30 maggio 1944.

Nei primi giorni del 1945 Bocca è nominato comandante della decima divisione Langhe delle formazioni “Giustizia e Libertà”. Torna quindi in Val Maira, divenendo commissario politico della seconda Divisione “Giustizia e Libertà”. Tra le sue numerose azioni, si ricorda quella che tra il 12 e 13 aprile 1945 conduce alla cattura, nella cittadina di Busca, della compagnia controcarro della Divisione “Littorio” della Repubblica Sociale Italiana.

Per l’attività partigiana Giorgio Bocca riceve la medaglia d’argento al valor militare. Dopo la Liberazione, Bocca si avvia alla carriera di giornalista, dapprima a Torino, nel quotidiano di Giustizia e Libertà e quindi, a Milano, come redattore del settimanale l’Europeo e come corrispondente del quotidiano torinese La Gazzetta del Popolo.

Quando nasce Il Giorno, nel 1956, ne diviene inviato. Nel 1976 è tra i fondatori del quotidiano La Repubblica. Il suo è un giornalismo militante, che attraverso reportage, inchieste, commenti e interviste, si propone di denunciare i guasti della società italiana. La sua critica si accentua negli anni più recenti, forte di una scrittura semplice ma dura, concreta e aspra, di intensa comunicazione, sostenuta da un’alta moralità e da un legame mai interrotto con l’esperienza resistenziale.

I suoi articoli sono diventati, spesso, traccia e ossatura dei suoi numerosi libri, tra reportage, ricerca storica, pamphlet e autobiografia.

Lo ricorderemo sempre tra le figure di spicco del movimento partigiano e per essere  rimasto sempre coerente a quella sua fondamentale scelta di campo per la libertà e la democrazia maturata durante la Resistenza.

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Si è tenuto ad Orvieto il 15 Dicembre un incontro per ricordare Luigi Andelini. …All’iniziativa organizzata dalla Fondazione Pietro Conti erano presenti il direttore de Il Ponte Marcello Rossi, Valentino Filippetti, Stefano Talamoni, Fausto Prosperini, Alberto Provantini ed il Sindaco di Orvieto Tony Concina.
Luigi Anderlini fu’ partigiano combattente,  deputato e senatore rappresentando l’Umbria negli anni cruciali che seguirono la nascita del primo centro sinistra. Fu’ esponente di spicco della Sinistra Indipendente, diresse L’Astrolabio e l’Archiovio Disarmo.

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L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA – TERNI

 esprime sgomento e sconcerto per quanto è avvenuto ieri a Firenze a danno della comunità senegalese, alla quale rivolge i sentimenti di solidarietà di tutti gli iscritti. Gli episodi che hanno insanguinato le vie cittadine e sconvolto la normale convivenza civile, si iscrivono in un fenomeno che, al di là della follia di un singolo, testimonia che l’ideologia di cui questo individuo era portatore, è essa stessa caratterizzata dalla follia, dall’odio e dal razzismo.

L’ANPI, per evitare qualsiasi pericoloso ritorno di un passato oscuro, si è sempre costantemente impegnata sul terreno della solidarietà, della cultura della pace e della eguaglianza fra i popoli.

 

La strage di Senegalesi a Firenze deve destare un fortissimo allarme in tutti i sinceri democratici. Sarebbe fatale derubricare al gesto di un folle un atto gravissimo che viene dopo altri centinaia di fatti che vedono protagoniste organizzazioni razziste e di estrema destra. Il nostro paese è attraversato da una gravissima crisi economica che viene affrontata da istituzioni in difficoltà.

In momenti come questi la storia ci ha sempre consegnato delle tragedie.

Per questo la risposta migliore alla barbarie è fatta nell’impegno quotidiano a far vivere ed applicare il dettato costituzionale che parla di democrazia, tolleranza, diritti inalienabili dell’individuo al di là della razza, la religione, le idee politiche.

 

Guai a pensare che questi fenomeni sono lontani da noi. L’intera provincia è stata teatro di iniziative, prese di posizione e manifestazioni di questo tipo, da Terni a Baschi ad Orvieto a Montegabbione.

 

Condividiamo la presa di posizione dell’ANPI di Todi che ha chiesto al Sindaco Ruggiano di revocare le concessioni fatte a Casapound.

 

Questa estate nella nostra provincia sono state molte le iniziative che hanno promosso l’interculturalità, la cooperazione tra i popoli, i diritti degli immigrati alcune proprio realizzate con il Senegal. Di questo c’è bisogno accanto alla fermezza nel far rispettare le leggi.

Per i razzisti e i neofascisti non c’è spazio nel nostro ordinamento democratico.

 

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Nei prossimi giorni, si verificheranno tre eventi di diverso contenuto e con diverse modalità, ma tutti estremamente importanti, di fronte ai quali l’ANPI non può che manifestare la sua piena, sentita, partecipe assonanza.Lo sciopero di tre ore, proclamato per lunedì dalle tre Confederazioni sindacali, è un fatto straordinario già per il fatto stesso della ritrovata unità, su temi di tanto rilievo e di così forte impatto sociale. Ma c’è di più. Questo sciopero non è di quelli che mirano a far cadere un Governo, ma costituisce un modo fermo e deciso per ottenere che nella manovra in corso ci sia – accanto al rigore – maggiore equità. Non si chiede, dunque, nulla di impossibile, anche se è noto che i tempi stringono e che l’operazione non può che essere contrassegnata da una risolutezza e tempestività indispensabili; ottenere che non  si colpiscano o si colpiscano meno i sacrificati di sempre, coloro che hanno sempre pagato, e si usi una maniera più forte nei confronti degli evasori fiscali, dei detentori di patrimoni immobiliari e finanziari rilevanti, vale a dire dei più abbienti, non significa negare la possibilità e l’urgenza di provvedimenti anche duri, ma solo pretendere che si mantenga soprattutto quell’equità sociale che lo stesso Governo Monti, all’atto della sua nascita, ha assunto come un impegno ineludibile.Quanto al secondo evento, mi riferisco alle manifestazioni indette dalle donne per domenica 11, “Se non ora, quando?”, a Roma e in tante piazze d’Italia. Le donne sono state le prime, il 13 febbraio, a dare un grande segnale di risveglio e la dimostrazione concreta di un cambiamento possibile. Adesso tornano in piazza a chiedere ancora di più. Ma non è tanto la parola d’ordine che ci preme (spetta alle donne decidere ciò che vogliono e pretendono e  fissare i  loro  obiettivi)  quanto  il  fatto  in  sé di  un   forte  appello,  per  una nuova  e fortissima presenza delle donne sulla scena politica. Salutiamo, dunque, questa manifestazione non solo con piacere e soddisfazione, ma come il segno di una comune speranza di un futuro migliore.
Infine, lunedì 12 dicembre ricorrerà il 42° anniversario della strage di Piazza Fontana. Milano la ricorderà degnamente, come fa ogni anno; non si tratta, peraltro, solo di una questione milanese, ma di una questione nazionale. Piazza Fontana è stata non solo un attacco gravissimo e terribile alla vita di tante persone inermi, ma ha costituito uno dei più gravi attacchi alla stessa democrazia del nostro Paese. Come tale esso va rievocato, non solo per stringersi ancora una volta attorno ai sopravvissuti ed ai familiari delle vittime, che vanno sempre affettuosamente ricordati, ma anche perché non si può ammettere che su una simile, tragica vicenda, cada l’oblio; così come non è accettabile che non si conosca ancora  tutta la verità. A completare il quadro già in sé insufficiente (anche se ormai è pacifica la matrice, individuata nella destra nera), mancano ancora troppi tasselli (il ruolo di alcune parti dello Stato, i dirottamenti e le deviazioni, le responsabilità di esecutori e mandanti, ecc.), che vanno colmati, se non sul piano giudiziario, almeno su quello della verità storica, che è poi, ora e sempre, uno dei fondamenti della democrazia.Per questo, bisogna insistere ancora e con forza perché si elimini ogni forma di segreto, perché tutto divenga chiaro, limpido e trasparente; la verità serve non solo a completare la conoscenza storica ed  a lenire, almeno in parte, il dolore, ma serve soprattutto come monito e deterrente per il futuro e per creare anticorpi idonei a difendere da ogni possibile attacco la nostra democrazia.   Il Presidente Nazionale ANPICarlo Smuraglia

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